VISIONI…
Dopo un lungo periodo di silenzio per vari impegni, torna il vostro amichevole visionario di quartiere. I temi da trattare sarebbero tanti e su molti sono rimasto indietro ma su alcuni non posso, ora, esimermi.
Dio è morto. Il 30 aprile scorso è scomparso Duane Eddy. Duane è stato il primo Dio della chitarra rock. Il primo a mettere al centro delle composizioni e delle esecuzioni la sei corde elettrificata e, probabilmente, il primo guitar hero. Il suo stile chiamato twangy sound ha ispirato molti musicisti negli anni a venire come John Fogerty, John Entwistle, Mark Knopfler, George Harrison, Bruce Springsteen, Dave Davies, Jimi Hendrix e molti altri. Duane Eddy è uno dei grandi artefici del cambiamento della storia del rock ‘n roll nel passaggio tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. La Gretsch creò una chitarra per lui (quella che usava normalmente era il modello 6120 dello stesso liutaio). Ci stringiamo, nel nostro piccolo, intorno alla sua famiglia e ai suoi amici in questo momento di cordoglio. Il mondo della musica ha un debito enorme con Duane.
Un fiume profondo. Mark Knopfler ritorna al periodo delle “terribili ristrettezze” nel suo decimo album solista in studio. One Deep River è un ritorno al mondo dei buskers, dei musicisti dilettanti e di quelli che non hanno sfondato ma che continuano caparbiamente a provare. Questo disco, più che altre precedenti fatiche in studio, ricorda i Dire Straits di Sultans of Swing per temi e suoni. La mano di Mark sulla chitarra è sempre tanta roba anche se “opacizzata” dal tempo che invariabilmente passa per tutti ma se la cava sempre ottimamente con la sua voce così suggestiva e con composizioni che lo confermano un menestrello, un trovatore che ha attraversato oltre quattro decenni della nostra storia.
Una storia importante. “Spotify è il problema, non la soluzione.” Così chiosava Steve Albini durante un’intervista. Mai ha messo un suo brano sulla piattaforma. Steve ci ha lasciato, stroncato da un malore, lo scorso 7 maggio. Sul sound del rock alternativo degli ultimi trent’anni (quello buono) c’è il suo zampino di produttore (anche se lui preferiva farsi chiamare tecnico del suono). Chitarrista degli Shellac (con cui stava ultimando un nuovo progetto) ha lavorato con Nirvana, Pixies, P.J.Harvey e moltissimi altri. Lavorava ancora in un studio completamente analogico e ti riceveva con una tuta da meccanico. Molti si sono chiesti se fosse una posa da persona eccentrica, lui ha detto che semplicemente aveva bisogno delle tasche per avere a portata di mano piccoli utensili, cacciaviti e penne. Nel suo studio potevi starci massimo una settimana: se non veniva fuori nulla, era inutile accanimento. Anche con lui, il mondo ha un debito incommensurabile. Ci mancherà molto.
Demolizione ultrasottile. Uno spot recentemente uscito, mostra una pressa che schiaccia libri, strumenti musicali, barattoli di pittura eccetera. Dalla pressa uscirà questo tablet ultrasottile di una nota multinazionale della tecnologia. Trovo che, per quanto il commercial sia discutibile, dia esattamente l’idea di cosa questi colossi tecnologici stanno facendo alla cultura, all’arte ed ai linguaggi espressivi: li distruggono, vanificano il dibattito e concorrono a creare dei lobotomizzati acritici e bidimensionali. Un grande grazie a questi pubblicitari onesti che l’hanno finalmente reso noto.
In conclusione, devo nuovamente scusarmi per l’assenza di questi mesi. Mi siete mancati. Vi auguro una lunga vita di pace.
di Paolo Pelizza
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