CONFUSION. di Paolo Pelizza con Omissis Masquerzi.
- francescocaprini
- 4 lug
- Tempo di lettura: 3 min

CONFUSION.
Era un martedì, quando io e il mio amico che chiameremo Omissis Masquerzi (vuole rimanere anonimo) ci rechiamo all’Ippodromo SNAI a San Siro, Milano per il tour di From Zero nuovo album dei Linkin Park (se volete l’ho qui recensito) con nuova cantante e nuovo batterista. Soffro un po’ perché contemporaneamente sempre a Milano c’era anche un altro concerto, quello dei Nine Inch Nails. Decidiamo per utilizzare come mezzo di trasporto il motorino: meno rogne per parcheggiare e si arriverà più vicino al sito. La missione fallisce miseramente. Molte strane sono bloccate e parcheggiamo un po’ al bersagliera a quasi mezz’ora a piedi dall’ingresso. Passeggiata che sarebbe molto piacevole se non ci fosse la temperatura del Sole e l’asfalto non ribollisse come lava. Al tempo della camminata, aggiungiamo il tempo tecnico per entrare e i quaranta minuti passati in coda per prendere una birra per idratarsi. Le consumazioni come da un po’ succede si pagano con i token sempre rigorosamente asimmetrici rispetto al prezzo delle bevande: spendi di più, consumi di meno e in tasca te ne rimangono sempre qualcuno inutilizzato e inutilizzabile. Lo show comincia con Somewhere I Belong, Emily Armstrong appare un po’ smarrita, probabilmente per i problemi alla voce che hanno portato il gruppo a cancellare la data a Berna. Se volessi vederla in modo più romantico, può essere che trovarsi davanti a quasi ottantamila persone, otto anni dopo e dopo la tragica scomparsa di Chester Bennington, in un paese in cui i Linkin Park hanno una robusta e consolidata fanbase, non deve essere facile. Subito dopo parte un “cavallo di battaglia”. Crawling la Armstrong la fa furbescamente cantare quasi tutta al pubblico. A proposito di fanbase … Più io e l’amico Omissis ci guardiamo in giro e più ci accorgiamo di essere circondati da una massa di ragazzi che ai tempi di Hybrid Theory non erano probabilmente ancora nati o ancora con i pannolini. Comunque, alla fine del secondo atto (la setlist era divisa in 5 atti) con Burn It Down, Emily prende definitivamente fuoco e con lei l’Ippodromo. Si concederà un momento di commozione su Waiting For The End. Alla fine, la ragazza conquista il pubblico che le concederà anche il coretto (un po’ abusato) di Sei Bellissima. Il momento più difficile e partecipato del concerto sui classiconi Numb e In The End, almeno per me. Non posso e non voglio fare alcun paragone con Chester ma, in qualche momento, quella sua capacità di evocare un profondo struggimento, mi è mancata. Anche Omissis va con il pensiero a Chester. Resta il fatto, ovviamente, che Emily ha una gran voce e ha una grande capacità interpretativa. Lo show nello show è quello che arriva dai giochi di luce fatti con i laser: una volta tanto eleganti e non invasivi. I nuovi Linkin Park sono sempre più la band di Mike Shinoda. E’ sempre lui che guida quando rappa, canta o suona. E’ lui che riempie il palco anche da solo nel primo momento di difficoltà della Armstrong. E’ lui che le corde della chitarra, le trova così come i tasti delle tastiere. Menzione di merito per Colin Brittain. Il nuovo batterista è superlativo: preciso come un chirurgo, potente come un fabbro. Unico neo (forse solo per me) l’eccessivo ricorso al programming digitale che però è sempre stato parte dei loro spettacoli. Secondo grosso neo (ma qui la band non c’entra) è il volume. Basso, troppo per un concerto. Dopo due ore senza pausa, il concerto finisce. Il gruppo è stato impeccabile, il pubblico è in brodo di giuggiole. La Armstrong è felice e Mike ringrazia per aver accettato Emily e non aver giudicato. E’ mancato un omaggio a Chester che io avrei apprezzato ma questi Linkin Park sono una band nuova che antologizza la propria storia per procedere. Solo il fatto di aver messo insieme quarantenni e generazione Z dà loro un gigantesco merito. D’altra parte questo è il tour di From Zero anche se da zero, non ripartiranno mai. E se io e Omissis non ci ricordiamo dove abbiamo parcheggiato il motorino non ripartiremo mai neanche noi.
di Paolo Pelizza con Omissis Masquerzi.
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