The Thing (from another world???) Intervista di: Fabio Pigato
- francescocaprini
- 1 apr
- Tempo di lettura: 3 min

The Thing, ovvero: Mats Gustafsson, Ingebrigt Håker Flaten e Paal Nilssen-Love
Il nome è un tributo al grande musicista Don Cherry. La loro musica invece, molti hanno tentato di definirla. Ma dare una definizione, equivale a creare dei confini che ci imprigionano. Diciamo pure, che si tratta di un flusso di energia, da cui è impossibile non farsi trasportare. Il luogo in cui ci portano è diverso per ognuno di noi e dipende dalla nostra sensibilità e dalla nostra apertura mentale.
Li abbiamo intervistati! Ovviamente, prima del concerto al Centro Stabile di Cultura.
So che il vostro nome è un tributo a Don Cherry. Però la prima cosa che mi è venuta in mente, quando l’ho sentito è stata, il film Horror (The Thing from another World ndr.).
La mia domanda è: siete influenzati dal cinema e dalla visual Art, per la scrittura della vostra musica?
Siamo influenzati da qualsiasi cosa. Quando ti sforzi di comporre un tipo di musica che non sia mainstream, bisogna mantenere un atteggiamento di apertura, verso tutto quello che ti circonda. Noi portiamo sul palco di tutto, quello che per noi è giusto oppure sbagliato, il modo in cui ci sentiamo, la poesia e l’arte. Io (Mats Gustafsson) sono molto influenzato dalla letteratura.
Alcune riviste musicali, cercano di dare una definizione alla vostra musica, del tipo: Free Jazz Sperimentale.
Pensate che esistano ancora delle barriere, tra i vari generi musicali?
Se diamo delle definizioni, allora creiamo noi stessi delle barriere. A volte è positivo che ci siano, così da poterle demolire.
Molto spesso è inevitabile, si mette un’etichetta di genere ai tutti i gruppi. Ma la maggior parte della musica, nasce senza questi limiti.
Le definizioni appartengono al mondo accademico e a noi non interessano.
Usare dei suoni non convenzionali, può aiutarci a espandere le nostre menti, creare una maggiore apertura?
Ci piace sfuggire alle convenzioni, usando tecniche e suoni non convenzionali. Diventa quasi una sfida, perché riuscire a superare questo ostacolo è molto salutare per tutti. Pensiamo alle nostre vite di tutti i giorni e capiamo che riusciamo a fare delle scelte migliori, dal punto di vista personale, fino ad arrivare alla politica.
Quando suoniamo la nostra musica, lo facciamo in modo onesto. Il pubblico lo percepisce, ma quello che riceve, dipende anche dal vissuto e dall’apertura mentale di chi ci ascolta.
Potremmo dire che l’assonanza è solamente una regola che si può infrangere?
(risate) Sì certamente! Questo è un privilegio per noi. Viviamo in un momento in cui, probabilmente a livello musicale, tutto è già stato fatto. Non possiamo fare a meno di scardinare le ultime regole rimaste. Anche se è molto difficile inventare qualcosa di totalmente nuovo, ci sforziamo di trovare la nostra strada. Ogni cosa è relazionata a qualcosa di precedente che si è evoluto. Però adesso possiamo mixare tutto insieme ed essere aperti alle contaminazioni. Contribuire con il proprio linguaggio personale diventa positivo. Relazionarci con le altre persone, usando un linguaggio che rappresenta il nostro vissuto è per noi importantissimo.
Il livello ideologico conta molto perché ci permette di identificare persone diverse, in situazioni diverse.
Ho l’ultima domanda per te Mats. Volevo chiederti di Hidros 3. Come avete scelto di dedicare l’album a Patti Smith e com’è stato lavorare con gli Sonic Youth?
Bellissimo, sono delle persone splendide. Abbiamo scelto Patti Smith perchè lei è una grande poetessa. Lei è anche una brava musicista, ma principalmente ci siamo concentrati sulla sua poesia. Abbiamo avuto la possibilità di lavorare per un importante museo e creare una pièce originale, con Sonic Youth and Friends. Un lavoro, anzi una sfida, stimolante a livello compositivo.
Devo dire che quel disco ha un posto di tutto rilievo, nella mia collezione. Grazie mille per il vostro tempo.
Grazie a te.
The Thing (from another world???)
Intervista di: Fabio Pigato
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