“Contenuto” è una delle parole che si sta maggiormente svuotando di significato, in questo periodo di galoppante revisionismo linguistico e impoverimento culturale. Dalle ricette di cucina al gossip su illustri sconosciuti passando per le signorine più o meno discinte, tutto ormai sembra rientrare nell’enorme calderone del “contenuto”. Anche per questo resto convinto che una delle poche cose che si possono fare per cercare di resistere al grigio imperante sia provare a ridare alle parole il proprio senso, oltre a continuare a parlare di ciò che davvero merita attenzione.
24 anni. È questo il tempo che separa il nuovissimo “Gli anni 20” dal precedente album in studio degli Estra. Dopo quasi un quarto di secolo, la band si riaffaccia sulle scene con un lavoro intriso dell’approccio viscerale, la poetica evocativa e l’intransigenza dei suoi anni migliori. Undici tracce sanguigne, dall’anima alternative-rock in puro stile anni ’90, che sa guardare il mondo contemporaneo con rabbia genuina e spirito critico.
“Saracena”, il nuovo album di Cesare Basile, suona come un “Creuza de mä” siciliano dei nostri giorni. Un lavoro in cui l’artista catanese non solo continua coerentemente a usare il dialetto della sua terra ma va ancora oltre esplorando e attualizzando sonorità dal gusto arabo e tessendo atmosfere dolorose e desolanti all’interno delle quali cantare i drammi di un’umanità ferita a morte.
Sono cinque canzoni intime, delicate e malinconiche, quelle che compongono “Radici”, il nuovo ep della giovanissima Cheriach Re. Cinque brani scritti con grande cura per i dettagli e arrangiate in modo mai banale, in equilibrio fra folk alternativo e canzone d’autore, che ci presentano un talento genuino dotato di una poetica personale capace di scavare nel profondo con apparente semplicità.
Mancava, nel panorama musicale attuale, una cantautrice folk come Helle. “La colpa”, il suo nuovo lavoro, è un concept album che attraverso nove canzoni racconta in modo quasi cinematografico una storia ricca di momenti introspettivi e spunti di riflessione. Un disco folk prevalentemente acustico in cui musica e parole, fra momenti sognanti e frangenti più vivaci, si aprono come le pagine di un romanzo.
È una creatura spigolosa e bizzarra, Il Pesce Parla e nel suo primo vero album intitolato “Pastura” ha condensato nel modo più sfrontato tutta la propria schizofrenia artistica. Otto canzoni in cui l’approccio punk della band e la sua verve teatrale istrionica e densa di sarcasmo abrasivo vengono scagliate sull’ascoltatore senza alcun fronzolo andando a comporre un percorso provocatorio, irriverente e imprevedibile.
Sono una naturale indole pop d’autore e una passione per nulla celata per le sonorità alternative riconducibili agli anni ’80, i soli fili conduttori di “Spegni la luce” dei Maustrap. All’interno di questi ampi confini, la band veneta si muove con grande libertà confezionando un album d’esordio ricco di sfumature, fra momenti più intimi e altri più radiofonici, mettendo in mostra una scrittura musicale intrigante e matura.
Per una volta aggiungo un momento di incoerenza: mi sono sempre occupato solo di artisti italiani, ma la storia del texano Hazy Loper e del suo rapporto con l’italianissima Ribéss Records mi ha incuriosito. “The shadow carvings and other short poems”, nuovo album del girovago cantautore statunitense, è stato infatti prodotto dalla coraggiosa etichetta romagnola e realizzato con la collaborazione di diversi nostri connazionali. Si tratta di un album di puro folk sognante e minimale, accarezzato da atmosfere dilatate e intriso di uno spirito tanto delicato nei suoni quanto punk nell’approccio.
Roberto Bonfanti
[scrittore]
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