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  • francescocaprini

QUALCOSA E’ CAMBIATO(?) di Paolo Pelizza



Scusatemi l’intervento ma credo che sia dovere di un Visionario regalarvi questa Visione.

Nelle ultime settimane autorevoli musicofili, commentatori e media USA hanno pubblicato giudizi sui Maneskin e sul loro ultimo lavoro in studio non proprio lusinghieri. Questo ha generato tra molti di voi la convinzione che l’idillio sia finito, che i ragazzi che suonavano a Via Del Corso abbiano estinto la loro spinta propulsiva e che siano destinati ad un oblio anticipato. Una parabola di successo enorme e planetario che si consuma in poco più di un paio di anni.

Cercherò di capire insieme a voi se qualcosa sia davvero cambiato o meno.

Boh … Non me ne vogliano i ragazzi, io non ho recensito il loro disco perché di cazzate ne hanno dette e scritte tantissime e non volevo aggiungere le mie. Non lo farò nemmeno qui. Forse, anche questa mia decisione vi ha portato a pensare che siano sull’orlo del baratro. Mi limiterò a dire che non è un capolavoro. Ma di capolavori in giro non ne ho sentiti tanti negli ultimi vent’anni. Mi limiterò ad aggiungere che è un disco dei Maneskin.

Lo scopo di questo pezzo è di rassicurarci e rassicurarvi. Io ho sempre apprezzato il fatto che i ragazzi abbiano riportato l’attenzione del pubblico giovane sul rock. Un pubblico che non conosceva il genere perché l’industria l’ha ingozzato di hip hop e trap quando non di melassate melodie e di ridicoli personaggi affetti da “croonerismo” cronico e incurabile.

I Maneskin (non da soli) hanno contribuito ad un cambio di paradigma, riportando il genere ai ragazzi e “scippandolo” agli ex ragazzi dai cinquanta in su. Sono proprio quelli che tradizionalmente ascoltano il rock che sono maggiormente critici con la band romana.

Eh sì. Il loro glam non è particolarmente originale. Però fare paragoni con Bolan e Bowie è attività assolutamente stupida oltre che vana. La musica ai tempi era sperimentale per definizione, ancora non era arrivata la “dottrina Warner” che trasformava il concetto di popular music in un genere musicale per tutti: il pop.

Dire che non sono né grandi virtuosi, né grandi songwriters è dire la verità. Tuttavia, i grandi musicisti sono più produttori e turnisti nel mercato di oggi e sulle composizioni e i testi siete certi che, anche esplorando gli altri generi, ci sia molto di meglio? Io che ascolto una marea di musica, ho raramente avuto la sensazione che la qualità sia così alta da far dire che i Maneskin siano così pessimi, nella media quantomeno.

I Maneskin hanno riportato un certo rock nel circuito del mainstream e di questo dobbiamo ringraziare. Così come altre band di ragazzi che hanno messo, negli ultimi vent’anni, la musica al centro del dibattito dove esistevano solo verbosità spinta (spesso) fine a sé stessa e omologazione, questi quattro ragazzini romani sono stati fondamentali. Se la domanda fosse se lo saranno ancora, allora consentitemi di fare un’analisi un po’ meno superficiale e meno di pancia. Il rock dei Maneskin è autentico, contemporaneo, pop e facile.

Autentico perché fanno quello che riesce loro meglio all’interno delle proprie possibilità. Nell’ultimo disco ci sono un paio di tentativi di avventurarsi su strade diverse che sono pregevoli e che, secondo me, sono il sintomo di una volontà di crescere, sperimentare ed evolversi. Almeno spero.

Contemporaneo perché, pur avendo avuto una genesi “sulla strada”, sono stati in grado di rappresentare la comunità dei giovani di oggi, il loro sentire e il loro modo di vivere e di relazionarsi. Cosa che i rocker non sembravano più in grado di fare. Contemporaneo, anche perché dentro al nuovo modello di business fatto di views, di social e di ascolti sono riusciti a districarsi molto bene (se perché ben assistiti sarebbe ancora maggiore il merito di essersi scelti dei consulenti di livello). Contemporaneo perché, con buona pace dei Giovanardi di casa nostra, il loro mondo è gender fluid. In realtà, lo è anche il nostro ma, forse, ci siamo fossilizzati su schemi che sono desueti e inutili. Inutile dire che sono anche tutti e quattro piuttosto sexy anche se la carica erotica di Damiano e Victoria è superiore a quella dei loro soci. E anche ci giocano molto bene.

Sì! Il rock dei Maneskin è pop. Se no, perché chiamare il produttore di Backstreet Boys e Britney Spears? Se con loro suona Tom Morello in un brano, probabilmente, Rubin o Kurstin ci sarebbero stati volentieri a fare un disco con loro, non credete?

Facile perché è easy listening, energico, arrogante. I riff sono buoni e solidi così come la base ritmica (anche Victoria quando le si chiede di fare una parte solista è diventata molto più che credibile pur non essendo Chris Squire). Singolarmente c’è di meglio ma, l’amalgama li rende formidabili. Più che una band da studio sono una band da live. Dategli un palco e se lo mangeranno. Lo testimoniano tutte le date del tour esaurite.

Quindi no. Non è cambiato nulla. Il disco presenta tracce di evoluzione ma, se siete allergici al nuovo (almeno per loro), non ascoltatelo tutto. Prometto che in privato vi dirò cosa non ascoltare. I numeri dicono che il mondo continua a essere ai loro piedi.

Resisteranno alle critiche feroci di esperti che vivono in un altro secolo (un po’ come me, lo ammetto)? La mia pre-Visione è di sicuro. La domanda è: riusciranno a restare insieme? Resisteranno al tempo? Le ultime due domande sono le più difficili. Nemmeno io ho una risposta o una Visione.

Speriamo che continuino a far parlare di loro soprattutto per la musica. Come ha scritto qualcuno particolarmente sagace: bene o male, purché se ne parli.


di Paolo Pelizza

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