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  • francescocaprini

POVERE CREATURE (NOI). Articolo di Paolo Pelizza



In attesa di sottopormi per obblighi “visionari” alle cinque serate più spaventose dell’anno, leggevo un articolo scientifico sui confini dell’universo. Premettendo che non capisco nulla di astrofisica, vendo quel poco che penso di aver recepito. Quindi … è difficile dare una dimensione all’universo perché da quando è nato noi abbiamo potuto vederne solo una parte così come chi naviga riesce a vedere un orizzonte sul mare e non la famosa “rotonda”. Ovviamente, l’universo è molto improbabile che finisca lì a quell’orizzonte, così come è improbabile che abbia bordi o confini in quanto sappiamo che ha bisogno di spazio per espandersi (secondo la teoria di Einstein si contrae e si espande a seconda delle fasi all’infinito). Il tema è che cosa ci sia oltre o, per così dire, cosa “contiene” un universo libero di allargarsi? Qui ognuno può scatenarsi in ipotesi metafisiche proprie. La mia personale interpretazione della cosa è quella di sentirmi molto piccolo e insignificante rispetto a un cielo pieno di galassie, di buchi neri, di asteroidi, di comete, di corpi celesti collassati, di distanze di miliardi di anni luce e di stelle piccole e grandi.

E’ solo una distrazione in attesa di ciò che ci aspetta. Non posso, neanche quest’anno, sottrarmi alla più terribile e sadica delle punizioni. Cinque serate di raffinatissima tortura nazionalpopolare. Da qualche anno, infatti, anche il Festival come l’universo, si espande e occupa piazze, la rada di fronte alla cittadina ligure e altri canali televisivi. Sanremo, a fronte dell’eliminazione della “giuria demoscopica” occupa anche le radio. Evviva, alla fine, hanno inventato la Giuria delle Radio. Rimane comunque criptico il sistema di valutazione con componenti variabili delle percentuali tra i voti delle giurie e quella del televoto. Come scriveva Mark Twain: se votare facesse qualche differenza … Ma no, è attribuita! Twain non l’ha mai scritta.

Comunque il Festival, comincia e finisce anche senza il nostro permesso. Il Festival, permesso non lo chiede mai. Magari poi chiede perdono ma senza convinzione. Voglio evitarvi la disamina dei brani e dei personaggi (personaggi tanti, artisti pochi). Sui temi posso dire che la maggior parte delle volte, erano temi leggeri e sentimentali. Abbiamo avuto un pezzo pop dance che parla di migranti che attraversano pericolosamente il Mediterraneo così signore (più o meno attempate) nei corsi di aerobica, potranno fare  step  allegramente ascoltando chi canta di immani tragedie. Un altro caso di brano impegnato parla del suicidio e nemmeno troppo male. I ragazzi che lo presentano sono molto simpatici ma li hanno pettinati a Carnaby Street nel 1983 e poi mandati nel presente in Riviera. Posso accennarvi che ci sono state polemiche su paperi, cultura woke e guerra. Sulla guerra, in particolare, in questa edizione erano un po’ confusi … Diversamente da quella di moda nella passata kermesse, stavolta era complicato capire dove fosse la parte giusta della Storia … Erano confusi perché non c’era un unico cattivone cattivissimo da accusare di ogni nefandezza, l’aggressore aggressivo colpevole di qualsiasi cosa, l’eliminatore del giusto che irride al diritto internazionale. E, Sanremo (si sa) sta sempre dalla parte giusta. Ci sono state polemiche anche per la ripartizione dei voti. Il televoto è stato irriso dai poteri forti. Il vincitore “morale” del Festival è il secondo classificato che ha ricevuto il 60% delle preferenze al Televoto. Peccato che sono stati fatti tutorial per spiegare alla gente come poter aumentare i voti al giovane artista e che il regolamento è stato cambiato ad personam per permettergli di partecipare con una canzone in napoletano. In realtà è che vogliamo imitare gli Oscar: abbiamo istituito il premio per il miglior brano in lingua straniera, con buona pace dei qua qua di Travolta e i WTF di Crowe.

Due momenti sono stati importanti, secondo me. Il primo è stato il monologo (non li avevano eliminati?) di Teresa Mannino. La comica siciliana, tra il serio e il faceto, fa una profonda e veritiera disamina della modernità. Eliminati gli intellettuali, in Italia, ci restano i comici grazie a Dio! La seconda è la versione di un pezzo importantissimo come Hallelujah di Leonard Cohen interpretata magistralmente dai Santi Francesi e Skin. Purtroppo la serata delle cover è stata vinta da un medley napo-rap-trap, potere misterico del televoto. Rassicurante la presenza di due icone straordinarie come Mannoia e Berté (che portano a casa due premi importanti).

Su conduzione e direzione “artistica” che dire? Il solito ipertrofismo di superlativi assoluti, i momenti seri mandati in vacca, l’atmosfera da animazione di villaggio vacanze per gli amatori del genere (io non sono tra questi) … Sulla direzione artistica è chiaro che non si sia presa alcuna direzione. Si sono messi insieme i campioni dei boomer e quelli “giovani” con fantastiliardi di ascolti (Keith Richards, hai ragione tu: questi sono sordi!), decine di dischi d’oro, platino, diamanti, vanadio, acciaio al tungsteno e adamantio ma nessuno vero, fisico o in vinile. Aggiungi un pizzico di Sanremo Giovani e cuoci a fuoco lento per cinque interminabili serate. Un sequestro di persona da sessanta per cento di share: una decina di milioni di persone in ostaggio.

Sanremo, mi dice una mia amica, al di là della straordinaria incommensurabile vacuità, delle polemiche artefatte, dei circa cinquanta milioni di euro di investimenti pubblicitari, dell’assenza della musica (se volete ascoltare MUSICA nella nostra lingua, vi rimando agli ascolti del mese su questa stessa webzine del collega Roberto Bonfanti) è molto utile. Sì, perché se no i brani al suo corso di aquagym non cambierebbero mai.


di Paolo Pelizza

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