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L’ombra che brilla. Il Post-Punk dei Self Improvement. articolo di Fabio Pigato

  • francescocaprini
  • 21 lug
  • Tempo di lettura: 3 min
nella foto: Self Improvement
nella foto: Self Improvement

Vi è mai capitato di inciampare mentre camminate per strada e, proprio mentre state per scomodare tutte le divinità del vostro pantheon personale, accorgervi di qualcosa di bellissimo che altrimenti non avreste mai notato? Ecco. Questo, in senso metaforico, è successo a me qualche giorno fa.

Mentre scrollavo video inutili, accompagnato da un forte senso di colpa per il tempo sprecato (sto cercando di disintossicarmi dalla visione compulsiva di reel che hanno meno senso di un coltello usato per mangiare la minestra), inciampo casualmente in dieci secondi di musica che catturano la mia attenzione. Il gruppo si chiama Self Improvement. Il nome sembra ironico, e ammetto che ha inevitabilmente stuzzicato la mia curiosità.

Propongono una formula di post-punk cupo e spigoloso: immaginate i Joy Division costretti a condividere la sala prove con i Television di Tom Verlaine, mentre aspettano che i Siouxsie and the Banshees finiscano il loro turno.

Li immagino immersi nella piovosa brughiera inglese, circondati da un paesaggio gotico e decadente... e invece scopro che vengono dalla soleggiata California. Quella che è sopravvissuta agli incendi, tranne la cantante, Jett Witchalls, che è cresciuta a Brixton Hill, a sud di Londra, ma si è trasferita negli stati uniti all’età di vent’anni.

Il loro secondo album, Syndrome, è stato registrato al Wiggle World, in uno spicchio di Los Angeles scampato a malapena alla devastazione delle fiamme. Una zona dove, purtroppo, lo shock per la perdita di molte vite umane resterà impresso ancora a lungo.

Ma torniamo al disco, e partiamo dalla copertina.

L’immagine è opera di Tim Presley, artista, musicista e produttore con una lunga storia nella scena hardcore punk (Model American, The Nerve Agents). Raffigura un volto composto da due visi fusi insieme, senza genere o tratti definiti, che formano un’unica figura. Oppure, forse, è un solo viso colto nel mezzo di un rapido movimento. Non ci è dato saperlo, ed è proprio questa ambiguità a renderla così suggestiva, quasi intrisa di realismo magico.

E adesso veniamo alla musica.

In Syndrome, i Self Improvement alzano l’asticella rispetto al lavoro precedente. Pur restando nella scia del post-punk, con echi di no-wave alla Television, il suono diventa più stratificato, più oscuro, ma anche più consapevole. Le ritmiche rallentano, si fanno ipnotiche. Non cercano l’innovazione a tutti i costi: i loro riferimenti sono chiari, e le sperimentazioni hanno un sapore retrò. Ma tutto suona sincero e onesto.

Le chitarre, angolari e nervose, restano lì a creare tensione, come se promettessero un’esplosione per poi ravvedersi. E i synth? Entrano in punta di piedi, ma quando lo fanno scavano in profondità.

I testi sono vere e proprie prese di posizione, che descrivono un senso diffuso di disagio. La cantante Jett Witchalls li definisce “più arrabbiati e politici”:

«Una riflessione su come la società si aspetta che io sia, come donna, e su come il sistema educativo faccia pressione attraverso le norme sociali, per instillare l’ossessione del successo sin dalla tenera età, facendoci deragliare dalla stabilità. Ho una profonda paura della white picket fence (traducibile con staccionata bianca): dei problemi che ne derivano per la vita di tutte noi donne.» (Fonte: Hot Sounds)

Brani come “Scam” o “Swallowed Light” funzionano come piccoli cortometraggi dark, compressi in meno di tre minuti. Ti lasciano addosso una sensazione di freddo, condita da domande sospese e altrettante riflessioni. Qualcosa è appena successo, o sta per accadere. Non è chiaro cosa, ma sai che non sarà rassicurante.

In conclusione, Syndrome non è un disco che rivoluzionerà il genere. Il terreno su cui si muove è stato già ampiamente esplorato.Eppure, se riuscite a mettere da parte l'ossessione per l'originalità a tutti i costi, potreste trovarvi di fronte a una gemma che illumina emettendo una luce scura.  Una dicotomia perfetta per affrontare una torrida giornata di sole... tremando di freddo.

Buon ascolto.


L’ombra che brilla.

Il Post-Punk dei Self Improvement

di: Fabio Pigato

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