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DUEPUNTOZERO (?). Nuovo articolo di Paolo Pelizza

francescocaprini


Oggi mentre cercavo il coraggio di scrivere questo pezzo a cui penso da molte settimane come un novello Amleto, ho sentito definire su un TG nazionale dalle parole di un giornalista, un trap/rapper come “cantante”. Se fai il giornalista lavori con le parole e queste hanno un significato. Cantante, participio presente del verbo cantare che indica colui che canta e non può mai essere usato al posto di “belante” che indica colui che bela come una pecora. Tra l'altro, trattasi di pecora non nera, di pecora conformista. Chi dice che c’è uno scontro generazionale sulla musica, probabilmente, di musica non sa, così come non sa di storia. Basta ascoltare l’immensa produzione (si parla di oltre quattromila album) del 1970 dentro alla quale non c’era nulla che assomigliasse a un’altra opera o un’altra tipologia di sound o di temi per comprendere che blaterare dentro un autotune di figa, denaro e droghe è mero, puro e becero conformismo. Oltre che stare alla musica come io sto alla meccanica quantistica. Detto questo, la mia irritazione si è trasformata nel coraggio di esprimere la mia visione sul nuovo corso dei Linkin Park partito con l’ottava fatica in studio della band di Mike Shinoda “From Zero”. Il titolo, in me, suscita un’idea di rinascita o almeno di ripartenza. Penso ad una evoluzione. In parte ho ragione. La scelta di una voce femminile al posto di quella dell’indimenticato e indimenticabile Chester Bennington è un ottimo viatico: nessuno potrà indignarsi o fare paragoni. Mi pare un’ottima strategia. Purtroppo, tra l’appartenenza a Scientology ed altre questioni, il nome della cantante verrà investito da una tempesta di polemiche. Rob Bardoun che, nel frattempo, aveva già abbandonato il gruppo dopo One More Light (per motivi personali) lascia pelli e bacchette a Colin Brittain produttore e polistrumentista, oltre che batterista. Insomma, ci sono ottimi motivi per essere fiduciosi. Ottime ragioni per attendersi una versione 2.0. I Linkin Park sono stati un’importantissima realtà. Si sono inseriti in un fermento e hanno (se non inventato) pioneristicamente portato avanti un genere ibrido tra nu metal e alternative rock con escursioni in vari altri sottogeneri. Ricordo la meraviglia del primo ascolto di Hybrid Theory. Io, il vostro Visionario così integralista, così rockers, così poco aperto alle novità ma sempre curioso, mi emoziono di fronte a un disco che più crossover non può essere. Prima di continuare, specifico che uso la parola crossover in senso letterario e non per definire un altro sottogenere musicale. Da lì in poi apprezzo la loro produzione anche quando le leggi del mercato cominciano a spingerli verso lidi più pop e verso l’allargamento di una base imponibile di pubblico più numerosa. Shinoda dichiara che il titolo del disco desiderava citare il primo nome della band, prima che venisse reclutato Bennington dall’Arizona. Si chiamavano Xero, allora. La citazione e il significato del titolo mi porta ad essere ulteriormente curioso. Si tratta di una rinascita. La Fenice sta per rinascere dalle sue ceneri. A volte, le montagne partorisco topolini (anche qui non quello creato dal genio di Walt Disney!).

From Zero è certamente un album ben scritto e ben suonato. Lo definirei “antologico” della produzione del sestetto di L.A. Se da una parte, si citano le origini con lucidature un po’ più “ingaggianti”, dall’altra si resta nel solco delle ultime produzioni, più “facili”. La Armostrong se la cava bene anche se lascia molto spesso (in alcuni casi troppo) le parti vocali a Shinoda. Qualche scream ce lo regala ma lì siamo.

Per citare un brano del disco “Heavy is The Crown”, la corona dei Linkin Park è pesante da portare per quello che hanno significato nel panorama contemporaneo e per la grandezza e il carisma del compianto Bennigton. Anche il disco se la cava e, certamente, non c’entra nulla con il belatore di cui sopra. Tuttavia, mi aspettavo molto di più della onorevole ricapitolazione di una grande storia.

di Paolo Pelizza

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