
Gli Acid Mothers Temple sono attivi fin dal 1995. Durante la loro carriera hanno adottato diversi nomi in base ai cambi di formazione, mantenendo sempre il suffisso A.M.T.
La loro discografia è praticamente sconfinata. Non è facile ricostruirne tutte le pubblicazioni ma siamo intorno ad un centinaio. Se un altro mondo è possibile, loro ci sono dentro da almeno trent’anni e cercano di descriverlo attraverso la musica psichedelica.
Kawabata Makoto è il cardine e la memoria storica del gruppo. Gli abbiamo fatto alcune domande prima del concerto al Centro Stabile di Cultura di San Vito di Leguzzano.
Ciao Makoto, come prima cosa ti chiederei di parlarci del processo compositivo degli A.M.T.
KM: Apro le orecchie e come una radio cerco di sintonizzarmi per catturare la musica che è tutta intorno a me.
In questo tipo di processo sei influenzato dal field recording e dai vari rumori urbani?
KM: SI, specialmente quando ero un ragazzino. Suonando la musica a casa mia, oltre ai brani che avevo deciso di ascoltare, sentivo dei rumori che provenivano dall’esterno. Alcune volte questi ultimi erano interessanti quanto la musica. Ti racconto una cosa che mi ha colpito. In giappone quando ci si sposta verso le montagne, si ncontrano delle persone che per parlare emettono dei suoni, nella nostra lingua, simili al canto armonico. La tonalità e l’armonia variano in base all’altitudine in cui vivono queste persone. Questa è una cosa che mi ha ispirato molto. A volte invece posso sentire dei suoni che provengono dalla Luna e che hanno un significato speciale per me.
Mi fai pensare un pò alle mamme italiane, quando aprono la finestra e urlano ai figli di rientrare a casa in un modo che sembra quasi un canto.
(risate!)
Pensi che ci sia differenza tra istinto ed improvvisazione, sempre per quanto riguarda la musica?
KM: La mia musica deve essere prevalentemente improvvisata. Ma ti spiego cosa significa improvvisazione per me. Ci devono essere dei parametri definiti e degli altri variabili. Pova a pensare alla musica di Frank Zappa, brani molto complessi, con una parte di improvvisazione. Quindi non esattamente quello che viene comunemente definito “free”. Tutti devono andare nella stessa direzione, in modo che il risultato finale risulti “composed”. (termine che ha significato di composto, nel senso di avere uno studio preciso alla base. ndr.)
Tu hai detto che nel 1999 hai scoperto il tuo “Cosmo personale” ci vuoi spiegare meglio questo concetto?
KM: è una cosa che risiede dentro di noi. Io cerco di catturare la musica proveniente da ogni luogo, ma posso creare anche una profonda connessione mentale con essa. Non saprei esattamente dirti se questo proviene dalla mia vita, dalle persone intorno a me o dall’ambiente in cui sono. Mi limito a definirla “solo musica”, non è del tutto completa quando la sento e io mi sforzo di darle una forma precisa. Questo è il mio “Cosmo”. Una componente onirica con cui ci possiamo interfacciare.
L’ultima domanda. Cosa pensi dello streaming musicale del tipo Spotify, Deezer o iTunes.
Questa tipologia di fruizione della mausica aiuta gli artisti?
KM: Per me è una cosa positiva. Ogni era ha dei supporti differenti e degli ottimi musicisti. Molte volte questi ultimi non sono comosciuti e lo streaming è uno strumento che possono usare per farsi conoscere. Circa dall’inizio del novecento la musica ha iniziato ad essere registrata per poi essere rivenduta, passando attraverso vari formati.
In questo momento viviamo in un ulteriore periodo di transizione.
Ritengo però che ci sia sempre una grande differenza tra quello che viene fatto in un disco e l’esecuzione dei brani dal vivo. Quello che mi interessa maggiormente è la dimensione live. A me non interessano molto i soldi. Certo, il pubblico paga il biglietto per venire al concerto, ma credo che l’importante sia che la musica sia distribuita e che possa essere ascoltata da tutti. Se io mi sforzo di creare un prodotto di qualità, la persona che inizialmente lo ascolta gratuitamente poi vorrà comprarlo e anche venire ad un mio concerto. Quindi non considero negativo lo streaming, quello che è importante è riuscire a dare alle persone della buona musica.
Grazie mille per il tuo tempo
Grazie a te.
Acid Mothers Temple - Mondi (im)possibili
Intervista di: Fabio Pigato
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