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Immagine del redattore Umberto Lepore

Salmo: Flop Tour? Crossover Tour!

Aggiornamento: 7 apr 2023

Press: Vivo Concerti

Ph: Vincenzo Nicolello


Un Pala Alpitur lontano dal sold out ma dal parterre in fiamme accoglie Salmo nell’ultima data del Flop Tour, un giro nei palazzetti che vede proposto un format di concerto ambizioso, lungo e spezzato in tre parti.


Ad aprire lo show è la fortissima Russel Crowe e il deciso sound firmato LE CARIE, elettrizzante band d’appoggio al musicista sardo, ci arriva subito addosso con prepotenza.

Dal timbro squisitamente hardcore, questi ragazzi sprigionano una versione di Salmo poco rap e molto rock: i musicisti si schierano sul palco in linea orizzontale, alla stessa altezza del protagonista, raccogliendo ciascuno un proprio primato scenico e creando così l’atmosfera di un live molto da band e poco da rapper individualista.

Cavalcando la scaletta danno prova di gusto e preparazione, richiamando qua e là brevi frammenti di grandi classici come Shine On Your Crazy Diamond, Personal Jesus, Welcome To The Jungle e Ace of Spades.


Fa da sfondo alla scena un dominante mega schermo costellato da un massiccio impianto luci e descritto da visual dal respiro internazionale: grandi, colorati, futuristici. Tuttavia troppo spesso rimangono fissi per lunghi secondi su un unico frammento: hanno occupato davvero troppo spazio rispetto a quello dedicato alle rispese sui musicisti. Con a disposizione un ledwall del genere è un peccato subire una così marcata assenza della regia di palco: per chi, come il sottoscritto, sedeva nella tribuna opposta alla scena, il distacco dall’artista si sentiva molto.

A chiudere è la sempre fortissima 90MIN.

Un’ora e mezza spettacolare e adrenalinica che potrebbe essere considerata un concerto fatto e finito, pienamente dimostrante di come un repertorio discografico possa essere rivisitato e proposto a proprio piacimento.

Ma il cuore della serata deve ancora arrivare.


A dar tempo ai musicisti di raggiungere il palchetto secondario è un breve video che vede l’artista in voce, prima tramite un suo avatar in CGI e poi con una ripresa frontale, intento a esprimere un invito verso il ritorno a una dimensione analogica, concreta, più vicina al mondo reale e meno succube della tecnologia.

Immersi tra la folla del parterre i musicisti danno vita a un delicato set unplugged, suonando come fossero in tavernetta in compagnia di pochi amici intimi: esibendosi dunque con tono confidenziale ci propongono un insieme sonoro composto dal banjo, violoncello, basso acustico, tastiera, tumba, due chitarre acustiche e qualche elemento della batteria. E Salmo ci canta sopra, con leggerezza, improvvisando svariate gag (sia con la band che con il pubblico) e sorseggiando una bottiglia di vino rosso.

Tranquilli, sorridenti, intensi: è sempre bello quando una session acustica riesce a essere così partecipata da migliaia di persone.


LE CARIE salutano il pubblico e Salmo torna sul palco principale, in tuta Lakers, per unirsi insieme a Damianito (con il quale vive una bella chimica) e dare vita al dj set finale, trasformando il palazzetto in un festival techno estivo.

Divertente e irriverente, il momento è descritto da pesanti bassi, il volume decisamente alto e un continuo delirio di luci (sullo stage e sul pubblico).

Oltre a una schiera di pezzi della sua discografia (tra tutti la forte HO PAURA DI USCIRE in pieno stile techno bunker e la bellissima LA CANZONE NOSTRA) sentiamo Salmo proporre svariati remix e mash-up di brani, tra i quali Numb di Edelbrook, Get After It di Wade, Show Me Love di Robin S, Diavolo In Me di Zucchero e Roxanne dei Police.

Un po’ smanetta sulla console, un po’ canta, un po’ gioca al microfono urlando “e noi non ce ne andiamo!”, il tutto continuando a sbevazzare il vinello.


Un outro di serata rischioso, che vede questo forte concerto arrivare a durare più di due ore e proporre tanti (troppi?) stimoli fusi (confusi?) tra loro. Se di questa terza parte si fosse fatto a meno, o la si fosse spostata in un club rendendola un vero after show (come fece Sfera al Pick-Up in occasione del suo ultimo passaggio torinese), forse sarebbe stato meglio: super coinvolgente per i presenti in parterre e suonata senza dubbio bene (a dimostrazione di come Salmo sappia fare anche questo tipo di spettacolo e sia interessato e attento anche alla scena elettronica), per gli spettatori sugli spalti si è rilevata più un occasione per guardare la gente sotto ballare, che non per ballare loro stessi. Una buona fetta di questo pubblico, infatti, ha giustamente abbandonato la serata a set ancora in corso.

Prima di salutare Torino vediamo l’artista invitare sul palco tutti i suoi compagni di viaggio, abbracciandoli e brindando con loro alla fine del tour.


Dedito, preciso, coinvolgente. Un flow devastante, una metrica invidiabile, una cadenza potente e immediata. Maurizio è clamorosamente bravo, ma questo lo sappiamo.

Sebbene prosegua a fare le cose a modo suo, con i suoi tempi e con un’evoluzione artistica (testuale e strumentale) continua e dettata da un’ispirazione musicale personale e non scontata, Salmo è ormai considerato un artista mainstream. È abbastanza grande la fetta del suo pubblico che, troppo affezionata a quella parte di suoi primi lavori costruiti esclusivamente in chiave rap, si dimostra poco aperta all’evoluzione che (soprattutto nelle ultime uscite) ha visto l’artista far dialogare più atmosfere e tifare per la contaminazione musicale (che tra l’altro, tra le righe, è stata da sempre sottolineata e dimostrata dallo stesso).

A confermarlo è un concerto del genere, figlio di un’apertura mentale che porta in scena le barre dell’hip hop, le schitarrate del rock, le melodie acustiche e il set elettronico.

Un Salmo in versione metal rapper, cantante melodico e dj vocalist.


A quella fetta di fanbase convinta dunque che il proprio beniamino stia tradendo la sua veste da rapper andrebbe chiarito una volta per tutte che, con la massima ammirazione e rispetto per chi sale sui palchi con una proposta composta “solo” da barre, Salmo non è “solo” un rapper, attenzione: è un cantante che sa fare anche il rap.

È un artista di quelli con la mente che ruota a 360° e che dunque studia, si reinterpreta, presta ascolto alle proprie ispirazioni e gode nel guardare in là, arrivando a ogni uscita con una proposta che sia la più inedita possibile.


Umberto Lepore

@thesound.ofbeauty

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