“…poi viene settembre”, diceva una canzone di qualche anno fa. Così, mentre si inizia ad archiviare l’estate, ci si lascia alle spalle le hit da spiaggia e si rimette in moto la routine di sempre, è tempo di tornare anche a consigliare qualche bel disco recente.
È come un dessert dal gusto delicato farcito con una dose letale di veleno, “La soglia dei trenta” di Santoianni. Otto canzoni dalle atmosfere lievi e le sonorità morbide che accarezzano l’ascoltatore mentre la voce dell’artista, con una naturalezza disarmante, gli sbatte in faccia una serie di pensieri disillusi e taglienti che tracciano un quadro tanto lucido quanto spietato della società contemporanea.
È un pop eccentrico e ricco di deviazioni, quello di Amalfitano e del suo “Tienimi la mano, Diva!”. Un percorso musicale che, grazie anche alla produzione di Francesco Bianconi, spazia fra ritornelli multicolor dal gusto anni ’80, richiami ai cantautori meno canonici degli anni ’70 e sprazzi di contemporaneità indie. Un lavoro vivace intriso di uno spirito teatrale, anarchico e difficilmente catalogabile.
Ritorna, in una versione totalmente nuova reinterpretata dalla voce di Talèa (e per la prima volta finalmente anche in digitale), “Testimone di passaggio” di Flavio Ferri. Un album segnato da un senso di inquietudine costante che affascina scorrendo incessantemente sotto pelle mentre le canzoni che lo compongono vagano ipnotiche fra trip-hop, timide aperture cantautoriali e stridori sommessi.
Abbiamo imparato ad apprezzarli per l’indole sfacciata e la grande carica, i Circus Punk, e il nuovo album intitolato “Soluzioni utili” non smentisce la fama del duo. Canzoni essenziali fatte di incessanti scariche di energia, approccio piacevolmente strafottente, riff stridenti di chitarra, sporcizia sonora e batteria martellante. Una band che è ormai una certezza per chi ama il rock’n’roll più sfrontato.
C’è una buona dose di follia, nella musica dei Rave Over e nel loro EP d’esordio intitolato, con un gusto d’altri tempi, “Demo”. Quattro canzoni che si muovono in modo anarchico, quasi come schegge impazzite, in territori electro-punk fra svisate anni ’80, slanci d’ironia intelligente, filastrocche ipnotiche e voglia di sorprendere sperimentando soluzioni inusuali e mischiando continuamente le carte.
Avanzano con incedere spigoloso e riflessivo, quasi come se volessero dare peso a ogni singola parola, le canzoni di “Cose da fare” di Paolo Ronchetti. Un album dalle tinte serali, incentrato su un rock d’autore venato spesso di folk dalle sonorità asciutte che lascia sempre il centro della scena alla voce dell’autore, alle sue riflessioni sull’esistenza e ai suoi momenti di introspezione.
Roberto Bonfanti [scrittore] www.robertobonfanti.com
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