
Si sente un gran starnazzare su tutto e su niente, nell'aria, in questo inizio di febbraio. E dovremmo avere ormai imparato che, quando si alza troppa polvere, è solo per creare confusione. Così, in attesa di comprendere cosa si stia realmente muovendo sotto al caos, proviamo a osservare le cose riflettendo in silenzio senza però rinunciare al lusso di ascoltare un po' di buona musica.
C’è un filo concreto di elegante malinconia agrodolce a legare fra loro i brani di “3021” di Angela Baraldi. Otto canzoni dall’atmosfera notturna e dagli arrangiamenti spigolosi per lo più ridotti all’osso in cui l’artista emiliana lascia briglia sciolta alle proprie inquietudini scandendole però quasi sottovoce, con la calma sicura di chi ha raggiunto un’assoluta consapevolezza di sé e della propria emotività.
Suona come una serata passata in solitudine a sorseggiare qualche bicchiere di whisky e a cercare di mettere ordine fra le proprie malinconie più profonde e le proprie fragilità più intime, “Miserie” di Gioacchino Costa. Otto canzoni dall’approccio tremendamente confidenziale, dalle atmosfere crepuscolari e dalle sonorità minimali eppure curatissime che sposano la canzone d’autore con un approccio alternative dal gusto anni '90.
Hanno l’approccio scanzonato di un gruppo folk che suona canzoni punk con le chitarre acustiche a un falò fra amici in aperta campagna, i Piccoli Bigfoot. Un progetto che, con il nuovo album “Le origini”, sa sfoderare un’indole festaiola e giocosa ma al tempo stesso esprimersi con intelligenza raccontando in modo brillante ricordi di gioventù, spaccati di vita della provincia bergamasca e pensieri non banali.
Naviga fra il post-rock dalle atmosfere più desertiche e la canzone d’autore più suadente, “Il gioco del silenzio” dei TV Lumière. Nove brani che, grazie anche alla produzione di Amaury Cambuzat, costruiscono un percorso ombroso e profondamente introspettivo in cui una voce dal tono sabbioso galleggia quasi arresa fra sonorità notturne, atmosfere avvolgenti e arrangiamenti profondamente evocativi.
È un labirinto all’interno del quale è facile perdersi di continuo per poi, una volta svoltato l’angolo, ritrovarsi in un luogo totalmente diverso da quello che ci si aspettava, “Amour automatique” di Francobeat. Un labirinto all’interno del quale, legati solo al filo di Arianna di un’elettronica creativa e intelligente, ci si ritrova a spaziare fra pop brillante, canzone d’autore, sperimentazione lo-fi, indie ipnotica, ironia e introspezione.
Hanno vinto l’ultima edizione di Rock Targato Italia raccontando in modo giocoso le incertezze esistenziali degli universitari di oggi e la nostalgia dell’infanzia, i Blumele. Il loro “Volevo sembrare Goku” è un condensato di pensieri personali rielaborati attraverso il filtro di un’autoironia brillante e incastrati in canzoni pop dall’anima chitarristica e dall’indole estremamente vivace.
Ci accompagnano nel pieno degli anni ’60 su un vecchio furgone Wolsvagen, Odawin e il suo EP intitolato “Cantrips”. Quattro brani che amano partire da un pianoforte spesso baroccheggiante per poi, sotto la produzione artistica di Marco Fasolo (Jennifer Gentle), giocare senza pensieri fra svisate pop, echi beatlesiani, approccio hippie e autentici trip psichedelici.
Roberto Bonfanti [scrittore] www.robertobonfanti.com
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