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Roberto Bonfanti: gli ascolti di maggio 2025

  • Immagine del redattore: Roberto Bonfanti
    Roberto Bonfanti
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Qualche settimana fa mi è capitato di leggere una dichiarazione di un artista importante che, presentando il proprio nuovo tour, rassicurava i fan sul fatto che “in scaletta non ci saranno più di tre o quattro brani del nuovo album appena uscito”. E non si tratta di un’eccezione. Ormai il mondo della musica funziona così: i piccoli locali stanno scomparendo, ogni settimana escono centinaia di singoli destinati a non raggiungere il migliaio di ascolti, i ragazzini che pescano il jolly di una canzone fortunata vengono masticati per il tempo necessario prima di essere rivomitati fra il dimenticatoio e gli psichiatri, e nel frattempo chi ha vissuto gli anni d’oro della discografia (anche nel mondo “alternativo”) tira a campare fra reunion, celebrazioni di anniversari improbabili, tour di vecchie hits ed eventi sovradimensionati. Resta però un dubbio: il triste stato in cui versa oggi la musica sarà davvero colpa, come sostengono molti, dei mezzi con cui viene diffusa o piuttosto di chi continua ad alimentare la cultura dell’ascolto usa e getta, della pigrizia mentale e del “tranquilli, venite pure al mega concerto, prometto che farò solo canzoni che già conoscete, sia mai che vi venga a chiedere un minimo di sforzo intellettuale”? In ogni caso, noi andiamo avanti comunque. Anzi, a maggior ragione, in questo mese di maggio ci concediamo una schiera di ascolti consigliati ancora più nutrita del solito.

Nati sulle ceneri degli storici Disciplinatha, i Dish-Is-Nein tornano con “Occidente – A funeral party”, un disco cupo, spigoloso e controcorrente che, fra sonorità electro-industrial e atmosfere dark, suona come un insieme tanto funereo quanto abrasivo di riflessioni dolorose e consapevoli sull’inesorabile corsa verso il baratro imboccata dalla nostra civiltà occidentale.

C’è una delicatezza estrema, fra le tracce di “Uno” di Emanuele Colandrea. Tredici canzoni confezionate con una cura artigianale, baciate da un approccio intimista e ricamate con sonorità minimali fra folk acustico e canzone d’autore. Un lavoro colmo di riflessioni personali e malinconie sottili su cui spira una lievissima brezza di positività e speranza.

È uno strano cortocircuito, “Post mortem” de I Cani. Un lavoro spiazzante che riesce a giocare in modo sottile e quasi mai accomodante con le inquietudini, ricamando una sorta di electro-pop d’autore intimista e minimale che sa intrigare ma anche concedersi ampi momenti riflessivi capaci di esprimere fra le righe concetti tutt’altro che banali.

Ha il dono di saper parlare anche di temi dolorosi senza mai perdere il suo approccio poetico trasognato, Daniele De Gregori. Il suo “Bolla occidentale” è un album da cantautore puro che, accarezzato da una vena finissima di leggerezza pop, racconta con grande genuinità storie di momenti di cambiamento, di umane fragilità e di malinconie tanto dolci quanto avvolgenti.

Sanno osservare i mali della nostra società e trasformarli con grande intelligenza in canzoni ironiche, provocatorie e travolgenti, i Rave Over. Il nuovo EP intitolato “La droga” è un condensato esplosivo di electro-punk, ritmiche martellanti, sonorità multicolore, approccio totalmente anarchico e lampi di situazionismo acuti, giocosi e pungenti.

È un disco straniante, “La bambina e i mostri” di LF. Un percorso musicale inquieto che si snoda attraverso sette canzoni che affondano le radici nella new-wave più ipnotica per delineare, fra drum machine ossessive e atmosfere da film horror anni ‘80, frammenti di storie morbose, angoscianti e notturne perse fra i fantasmi di scenari post industriali.

Suona come un tuffo a nell’underground più abrasivo anni ’90, “Un’abitudine” dei Migraine. Dieci tracce intrise di chitarre distorte, piglio viscerale e malessere esistenziale che, fra indole post-grunge, sonorità stoner e atmosfere decadenti, viaggiano dritte come un treno fra gli echi della Seattle della Sub Pop e i postumi della Milano del Jungle Sound o della VoxPop.

Ha un amore particolare per i songwriter americani e per il blues, Matteo Nativo, come testimoniano anche le due cover tradotte di Tom Waits incluse nel suo “Orione”. Un album da puro cantastorie che, senza troppi fronzoli, racconta con grande onestà frammenti di vita intessendo il folk, la canzone d’autore e gli insegnamenti dei suoi maestri dichiarati.

Funk? Progressive? Rock? È difficile catalogare il Complesso Del Brodo. Di certo, come testimonia il loro “Mirepoix EP”, la band ama giocare con intrecci strumentali imprevedibili, groove in eterna evoluzione, schizofrenia sonora, scrittura visionaria e approccio prog. Una proposta che, per attitudine, sembra provenire dal catalogo Cramps degli anni ’70.

Ci sono acidità rock, ritmiche massicce, atmosfere claustrofobiche e sporcizia sonora in abbondanza, in “Into The Wasteland” dei Neko At Stella. Un lavoro in cui un’anima stoner si lascia trafiggere da momenti psichedelici e lampi blues, arricchendo il tutto con un tocco internazionale dato anche dalla produzione firmata da Håkon Gebhardt (ex Motorpsycho).



Roberto Bonfanti [scrittore] www.robertobonfanti.com


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