Roberto Bonfanti: gli ascolti di aprile 2025
- Roberto Bonfanti
- 1 apr
- Tempo di lettura: 3 min

Sono tempi strani, quelli in cui anche i reduci del sessantotto cercano di convincerci che la pace non è poi un valore così assoluto. Sono tempi folli, quelli in cui i suprematismi vengono invocati proprio da quelle parti che li hanno giustamente sempre avversati. Sono tempi inquietanti, quelli in cui gli organismi che millantano di essere nati per mantenere la pace decidono di provare a risanare le proprie economie investendo più che mai nella guerra e tentano di salvaguardare il proprio potere continuando a soffiare forte sul focolaio di ogni conflitto. Ma, nell’epoca tragicamente surreale delle emergenze permanenti, ormai non ci si stupisce di nulla. Per fortuna però almeno dal mondo della musica arriva ancora qualche piccola boccata d’ossigeno.
Abbassano il volume della musica per alzare forte quello dei pensieri, i Negrita, nel nuovo album intitolato “Canzoni per anni spietati”. Un disco urgente e coraggioso, dall’anima assolutamente cantautoriale, intriso di rabbia sociale, disillusione e amarezza politica in cui si parla senza alcun fronzolo di pace, di arroganza del potere, di sconfitte generazionali e delle derive imboccate dalla società contemporanea.
È un disco dalle atmosfere austere ma intrise di grazia, “Solo i miracoli hanno un senso in questa notte di trincea” di Michele Gazich. Un album solitario, fatto di pianoforte, violino, violoncello e parole dal peso specifico altissimo, intrise di citazioni culturali, di senso di smarrimento ma anche di lampi di speranza. Un disco totalmente fuori moda, fuori probabilmente da ogni tempo, ma proprio per questo importante.
Sembrano provare un gusto particolare nel dissacrare e risultare disturbanti, i Nuovo Disordine Mondiale e il loro “Daimon”. Guidati da un impasto sonoro spigoloso in cui si intrecciano industrial, noise e post punk, la band si lancia in un percorso controverso fatto di riflessioni nietzschiane, provocazioni esistenziali e uno sguardo estremamente critico sul mondo, sull’essere umano moderno e sulla spiritualità.
A dispetto del clamore mediatico, Lucio Corsi prosegue giustamente dritto per la sua strada. Il nuovo “Volevo essere un duro” è un disco estremamente rappresentativo di quella che è da sempre l’essenza del cantautore toscano: canzoni pulite, in bilico fra folk, canzone d’autore e svisate rock’n’roll, baciate da un’inconfondibile poetica genuina dal gusto piacevolmente surreale.
Un album dall’anima post-hardcore che prende spunto dal tema delle neuroscienze per esplorare tematiche filosofiche ed esistenziali: questo è “Temporale”, il nuovo lavoro dei Gazebo Penguins. Una raccolta di canzoni compatte e viscerali, dalle sonorità ruvide e l’approccio diretto, che provano a sviscerare in modo inusuale una serie di riflessioni tutt’altro che banali.
Sono la freschezza e l’indole rock’n’roll sbarazzina, le prime cose a colpire in “Zum” dei Giannutri. Dieci canzoni dal sapore decisamente pop-punk che, con una scrittura pulita capace di alternare lampi di ironia e momenti narrativi mantenendo sempre un tono vivace, corrono veloci su arrangiamenti ruvidi e minimali basati su chitarra e batteria.
C’è un senso di grande pulizia, nelle canzoni di “La guerra è finita” di Ivan Francesco Ballerini. Nove brani ricamati con un approccio da purissimo cantastorie dall’anima folk che, senza troppi orpelli e lasciando sempre il centro della scena alla voce dell’autore e alla sua scrittura estremamente lineare, snocciola ritratti di vite lontane, malinconie sottili e auspici positivi.
S’intitola “Pyrotechnic Babel”, il primo vero album dei Fiesta Alba, e già il titolo rende l’idea dell’approccio imprevedibile e meticcio della band. Un progetto che parte da un math-rock spigoloso per lanciarsi poi in un caleidoscopio di contaminazioni assolutamente imprevedibili, andando ad affondare le mani nell’hip-hop, nella musica africana, nella dub o nell’elettronica più ipnotica.
Roberto Bonfanti [scrittore] www.robertobonfanti.com
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